Hawaii vs Alaska
Alle Hawaii ha vinto Kerry, in Alaska Bush…
Questo ultimo mese ho avuto oltre 100 visite per ricerche legate ai termini “destra” e “sinistra”. In molti casi si tratta di chi cerca approfondimenti sull’incriminato libro di storia della De Agostini. Altre volte si tratta, mi par di capire, di studenti che cercano temi pronti sull’argomento. Questo blog non è in grado di fornire temi pronti, né tantomeno una risposta convincente alla grande domanda di filosofia politica su cosa siano destra e sinistra.
La categoria Destra e Sinistra che ho creato nel blog serve solo a raccogliere le riflessioni che da tempo sto proponendo agli amici (tutto è nato una sera con Edo che rigovernava e io che bevevo vino, ma la domanda non è certo nuova).
Qualche amico mi ha fatto notare che forse la domanda è oziosa e che alla destra non si deve dare troppa confidenza. Insomma, abbiamo scelto di stare da una parte, stiamoci.
La discussione poi l’ho riproposta anche a Neri e Pierlu lo scorso fine settimana, e naturalmente sto leggendo il saggio di Bobbio sull’argomento, ma tanto si fa così, per parlare. Nessuna pretesa di trovare una risposta, solo così, per fare due riflessioni, due chiacchere tra amici.
Il motivo del rispuntare continuo della domanda è l’esistenza delle persone di destra.
Non solo quelle che conosco, che vivono vicino a noi, ma anche i quasi 60 milioni di elettori di Bush non si possono ignorare, né si possono considerare semplicemente dei cretini o dei superficiali.
Nel parlarne con gli altri, della grande domanda destra/sinistra, ci si scontra con una serie di ostacoli. Mi pare di averne individuati tre particolarmente significativi:
- L’attuale situazione politica italiana non aiuta. La posizione del Silvio è preoccupante. Imbarazzante. Non è solo chi è di sinistra a dirlo. E probabilmente bisognerebbe dimenticarsense per un momento se si vuole cercare di fare una riflessione più astratta sui concetti di destra e sinistra.
- Le ideologie del passato e i loro errori sono scomode. Permeano i pensieri delle persone, alimentano i preconcetti. Sia da destra che da sinistra si può lanciare facilmente un j’accuse infamante sulle terribili esperienze totalitarie. Se si lasciano stare i totalitarismi ci si trova comunque a parlare del passato e degli inevitabili errori che ogni parte politica ha commesso. Anche in questo caso bisognerebbe trovare una specie di anno 0, si diceva con Neri. Un modo per tracciare una riga e ripartire. Ma non è facile, come fai? Allora bisognerebbe trovare un terreno comune, una carta di valori condivisi (potrebbe essere la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ci si domandava con Edo?).
- Il pragmatismo smonta l’importanza della domanda. Cercando di superare il problema ideologico, si cerca di risolvere i problemi in maniera pragmatica, e di distinguere destra e sinistra dalle strategie adottate nelle soluzioni. Questo metodo porta facilmente a ridurre la politica a un fatto tecnico o a un fatto di interessi (di privati o di lobby). Sinistra e destra diventano semplicemente dei contenitori di comodo e si scopre che il problema è sparito, semplicemente perché destra e sinistra non sono mai esistite in un senso più alto che non fosse quello della parte di assemblea in cui ci si siede. Poi diventa difficile smontare chi ti dice che tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera.
Probabilmente questa domanda è davvero oziosa, una perdita di tempo. Forse è una roba molto italiana, o italiota. In Italia, come mi dice spesso Cippa, la politica è un fatto di costume più che di amministrazione del potere. Ed ecco che qualsiasi cosa, dall’abito al modo di lavarsi (vedi Gaber), diventa di destra o di sinistra.
Probabilmente il fatto più eclatante, nell’inutilità di questa domanda, è che la politica attuale è indietro come la capra dei pompieri, come si dice a Firenze. Semplicemente è inadeguata a dare risposte ai problemi. I problemi stanno diventando globali e le politiche rimangono nazionali. Mai come in questo momento molta gente si è chiesta se fosse giusto che a votare per la Presidenza degli Stati Uniti d’America fossero solo i cittadini degli Stati Uniti d’America. Be’, naturalmente, in un senso tradizionale, è sicuramente giusto. Ma questa attenzione alle elezioni americane, questa voglia di partecipare, esprimono indubbiamente il sentimento comune di come tutti siamo drammaticamente legati da problemi multinazionali (come le aziende che in gran parte li provocano) e come ci sia bisogno di una alternativa politica in senso globale. Ecco che qui Neri ed io ci siam messi a parlare dei movimenti no-global e di come le loro istanze siano portatrici di queste esigenze, ma, tragicamente, utopistiche, perché mancano gli interlocutori che abbiano davvero il potere di cambiare le cose. Gli Stati Uniti d’America da soli non (si) bastano.
La sinistra e la destra allora, ecco, via, progressisti e conservatori. Dire che Kerry è di sinistra mi riesce difficile, comunque nelle Haway ha vinto Kerry e in Alaska ha vinto Bush. Magari essere di sinistra o di destra ha a che fare con il clima… mumble mumble… no, non mi convince.