La cultura sull’autobus
Domenica 5 Dicembre 2004 @ 19:17
La Silvia non vuole essere fotografata.
La Silvia non vuole essere fotografata.
Seguendo una tradizione tutta anglosassone (o almeno nordica) a casa mia si fanno di questo periodo il Calendario dell’Avvento e la Candela dell’Avvento. Siccome sono pazzo e da molto tempo volevo collezionare una galleria di immagini di grandi teste capellute (possibilmente cotonate) ho pensato bene di creare in circa 30 minutini un bel Calendario web dell’Avvento dedicato alle grandi teste capellute o capellone. Nasce così il 3H Advent Calendar Project, il primo e unico calendario dell’avvento dedicato alle Huge-Haired Heads. Partecipate anche voi proponendo un’immagine, possibilmente con un URL. Poi (forse) si farà un sondaggio sulla meglio testa.
Ieri si è concluso il Novembre Stenseniano con una bellissima conferenza su Politica e Informatica che ha visto anche l’intervento straordinario di Beppe Grillo.
Il professor Gori ha fatto un intervento abbastanza allarmistico e preoccupante su Google. Tutti i dubbi che esprimevo l’altro giorno sono, a suo dire, pagliuzze. Non vediamo la trave. Oggi ci sono sostanzialmente due soli grandi motori di ricerca, a custodire le immense risorse che il web mette a disposizione: Google e Yahoo. Fino a qualche anno fa la situazione era molto più variegata. Adesso ci sono pochi draghi a custodire il tesoro. La naturale fiducia che tutti (molti?) riponiamo in Google e l’abitudine che abbiamo ad usarlo con efficacia lo rendono simpatico, affidabile, addirittura indispensabile. Google è un’autorità epistemica fondamentale. Tutto questo non sarebbe un problema di per se, se non fosse che tutto il patrimonio informativo che Google fornisce è gestito privatamante solo da Google, in una “grande vasca” in cui viene raccolto tutto ciò che il Googlebot riesce a pescare dalla rete e ai cui contenuti vengono poi applicati gli algoritmi necessari a stabilire il PageRank delle pagine web. Le nuove generazioni si stanno formando sulla rete. Google fa cultura. Già oggi per molti giovani studenti americani ciò che non è su Google non esiste. Il fatto che tutta questa informazione a cui si ha accesso sia gestita privatamente e sia potenzialmente manipolabile è la trave, il dato allarmante. Come ha fatto poi notare Beppe Grillo, la censura è già realtà (la Cina è un bell’esempio). Quando i diretti interessati vengono interpellati sull’argomento (e non si parla di Brin e Page, ma anche dei dipendenti di Google) spesso viene fatto notare il fatto che i servizi che Google offre sono gratuiti, a disposizione di tutti, trasparenti, e ormai indispensabili, e allora, che volete?
L’inseguimento da parte di Microsoft, anche se potesse essere efficace, non sarebbe che l’ingresso di un altro drago.
Mah? A parlar così di Google, mi si abbasserà il PageRank?
Peccato che poi non mi sia venuto in mente di registrare l’intervento di Beppe Grillo.
E-compratelo lo conosco da diverso tempo. È una cosa meravigliosa, il primo negozio veramente virtuale, con prodotti surreali inseiriti da un’intera comunità di matti. Potrete trovare la gatta da pelare, le chiavi italiane (contrapposte alle chiavi inglesi), il buono a nulla (che dà diritto allo sconto dello 0% in qualsiasi negozio), 4 Kg di torto marcio e tanto altro ancora.
Anche io ho provato a registrare la mia azienda e inserire i miei prodotti, ma non c’è modo di mettere le immagini con qualsiasi browser sotto Linux.
Ieri Linus Torvalds, Michael Widenius e Rasmus Lerdorf (gli ideatori di, rispettivamente, Linux, MySQL e PHP) hanno pubblicato una lettera aperta agli stati membri dell’Unione Europea affinché non venga adottata la contestata normativa sui brevetti software. (Ora capisco perché ieri Cippa mi ha segnalato la pagina della biografia di Lerdorf).
I brevetti software vengono presentati come una lecita protezione di idee originali a vantaggio del progresso tecnologico. In realtà sono il tentativo di consolidare le posizioni dominanti da parte delle grande aziende e di IMPEDIRE di fatto l’avanzamento del progresso. A proteggere il lavoro dei programmatori c’è già il diritto d’autore. I brevetti software rappresentano un grave rischio perché possono essere brevettate (e già lo sono) idee semplici e diffuse, e algoritmi noti, praticamente di dominio pubblico. L’Ufficio Brevetti Europeo ha già riconosciuto i brevetti alle barre di scorrimento, al carrello virtuale della spesa e a molte altre cose al limite del ridicolo. Il detentore di un brevetto ha il diritto assoluto su quella idea per ben 20 anni. Brevettare costa molto (circa € 30K), tutto a vantaggio del più forte. La faccenda non riguarda solo l’informatica, ovviamente. Nella moderna società dell’informazione il software è un settore importantissimo e l’adozione dei brevetti può avere gravi conseguenze su tutti gli altri settori economici, dalle banche alle assicurazioni, dalla distribuzione delle merci alla vendita al dettaglio.
L’Europa ha la grande occasione di essere libera da questo meccanismo perverso. Per saperne di più visitate il sito nosoftwarepatents.com. Speriamo bene.
Non lo sa nemmeno Pera… (un po’ di par condicio su questo blog, e che diamine!)
“Vedo nella cultura della destra italiana e anche del centro, un senso quasi di nostalgia, di ritorno a vecchie formule e contenuti”, ha detto la seconda carica dello Stato, prendendosela in particolare con quanti si definiscono moderati. “L’unica spiegazione del termine moderato potrebbe essere di colui che fa promesse e poi le mantiene moderatamente, parcamente, parzialmente, quasi mai per intero, quasi mai in tempo”. Di più: i partiti cattolici
della Cdl sono un “residuo inerziale della storia”, un anacronismo nell’Europa “post muro”.
Mi piace in particolare questa ridefinizione del termine moderato: quindi Silvio sarebbe un moderato perfetto.
Torno or ora dallo Stensen dove oggi si è parlato, fra le altre cose, dell’autorevolezza di Google.
Dopo la conferenza è emerso un piccolo dibattito che, IMHO, ha preso una piega un po’ oziosa, dato che si è parlato di tesi di laurea copiate da contenuti di ricerche su Google, ma non si è posto in evidenza un problema secondo me assai più grave e complesso.
Google, in pochi anni, si è affermato come un’autorità epistemica indiscussa, grazie soprattutto alla tecnologia innovativa del PageRank. Tutti (chi naviga su Internet) lo usiamo, ne realizziamo la potenzialità, ne siamo spesso entusiasti. Siamo portati a fidarci ciecamente del motorone, e i suoi servizi aggiuntivi sono altrettanto allettanti della ricerca classica (parlo della ricerca sui gruppi di discussione o della ricerca di immagini, ad esempio).
La cosa un po’ preoccupante, secondo me, è il numero di informazioni che Google accumula sui suoi utenti e che siamo portati a pensare non vengano utilizzate per nessun fine malevolo.
Be’, vediamo se dopo questo post il mio PageRank si abbassa…
Nel link che segnalo vengono messi in evidenza alcuni dei meccanismi che Google utilizza: il cookie di Google, Gmail, Blogger.com, la Google toolbar, Google Desktop Search, Hello.com…
Il mondo dell’e-business è incredibile. Di questo passo dove arriveremo?
Un texano ha avuto questa fantastica(?) trovata: la caccia da remoto, per ammazzare la selvaggina a cliccate. E te la spediscono anche a casa imbalsamata. Qui l’articolo di Punto Informatico.
Qualche giorno fa Jacopo mi ha mandato un’e-mail rivelandomi come Colombo avesse capito tutto della vita. Nel suo viaggio per le Indie (sapeva assai che eran le Americhe) ci è andato con la Nina, la Pinta e la Santa Maria!!
Insomma, Bacco, tabacco e Venere. Mica scemo.